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Villa Cenacolo
Nata come residenza di campagna e a lungo attribuita per motivi stilistici all’architetto Pellegrino Tibaldi, vissuto nel XVI secolo, Villa Cenacolo sarebbe stata in realtà edificata tra il XVII e il XVIII secolo. Essa compare ufficialmente nel Catasto Teresiano, ultimato nel 1760, come “casa colonica” con annesso un “giardino” quale proprietà del marchese Giovanni Francesco Stopani. Nel corso dei secoli la Villa venne ereditata o acquistata da illustri personaggi, tra cui Alessandro Schinchinelli, conte di Casalbuttano, che fece prolungare le ali laterali esterne delimitanti il “cortile d’onore”; i figli del celebre fisico comasco Alessandro Volta, Luigi e Zanino, che cercarono, senza per altro riuscirvi, di trasformarla in azienda agricola; l’imprenditore di Merone Giuseppe Isacco e i suoi discendenti. Fu soprattutto Egidio Isacco ad avviare un’importante opera di risistemazione e restauro del complesso, dedicandosi anche al giardino, che, da geometrico impianto formale, divenne, secondo il gusto dell’epoca ottocentesca, un romantico parco all’inglese. Dopo essere appartenuta alla Congregazione delle Suore di Nostra Signora del Cenacolo, a partire dal 1992 la Villa è stata trasformata in residenza sanitaria assistenziale per anziani.
Gli ambienti interni, oggi accessibili ai visitatori in occasioni particolari, conservano ancora l’originario fascino. Nelle sale del piano terreno – alle quali si accede da un atrio, chiuso esternamente da tre arcate concatenate, che conferiscono un grande impatto scenico alla facciata principale – è possibile infatti ammirare pregevoli mobili d’epoca, porte in legno dipinto e soprattutto affreschi con soggetti mitologici, attribuiti alla Scuola del Tiepolo. Notevole interesse rivestono inoltre l’imponente scalone, che in origine dava accesso alla cappella della Villa, e alcuni piccoli ambienti del primo piano, decorati in parte con finte architetture a trompe-l’oeil, in parte con ridenti scene pastorali.
Con i suoi monumentali esemplari arborei (platani, tassi, bossi, cedri, magnolie, faggi, conifere), il parco lascia trasparire molteplici tracce degli interventi che si sono succeduti nel corso del tempo: dai terrazzi del giardino “alla genovese”, che scendono verso la valle del fiume Seveso, ai resti del ninfeo, fino all’incavo del bacino, ormai prosciugato, in cui nel 1880 fu realizzato un laghetto artificiale per valorizzare il fascino paesaggistico dell’insieme.
MODALITA’ DI ACCESSO: piccoli gruppi, SOLO in occasione di particolari eventi (Ville aperte in Brianza, Settimana della cultura…).
Orario di apertura: in concomitanza con l’apertura dell’Oratorio di Santo Stefano.
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